È IMPROBABILE CHE LA PRIMA COLAZIONE SIA ESISTITA PRIMA DELLO SVILUPPO DELL’ALLEVAMENTO, DELL’AGRICOLTURA E DELL’ACQUISIZIONE DELLA CAPACITÀ DI CONSERVARE IL CIBO.
Prima di allora “il pasto” in generale era il risultato di una caccia fortunata o di fortuiti ritrovamenti di erbe, radici, frutti, fiori, larve o insetti.
La prima colazione, in particolare, richiedeva e tutt’oggi prevede la preventiva acquisizione di cibo.
Di fatto, le prime notizie sulla “prima colazione” si trovano nell’Odissea (VIII sec. a.C.) dove il pasto di Ulisse di primo mattino è costituito da avanzi di maiale consumato la sera precedente, accompagnati da pane e vino con l’aggiunta di miele (Odissea, Libro 16).
“E di nuovo Ulisse si pose a sedere. E il porcaio verdi virgulti al suolo dispose; e di sopra una coltre; e quivi allor sedè d’Ulisse il diletto figliuolo”.
Nel Vangelo secondo Luca, la colazione dei pescatori del lago di Tiberiade (Luca: 5, 1-11) che avevano trascorso la notte in mare a pescare, consisteva, invece, in pane e pesci abbrustoliti sul fuoco.
Come testimoniato negli epigrammi di Marziale, la prima colazione sembra essere stata una presenza importante nell’antica Roma, come parte di un modello alimentare già strutturato in tre pasti:
– colazione (ientaculum)
– pranzo (prandium)
– cena (caenam).
Questo modello invece venne meno nel corso del Medio Evo a seguito delle discese dei “barbari”, con il sopravvento della cultura germanica e di quella anglosassone.
Le tribù germaniche infatti consumavano due soli pasti al giorno, il principale dei quali al mattino e uno più leggero nel pomeriggio.
In tempi in cui ci si svegliava all’alba per eseguire i primi lavori della giornata, si faceva un abbondante pasto (curiosamente chiamato “dinner”) intorno alle 9.00 del mattino.
Probabilmente, anche a causa del miglioramento delle condizioni di vita, l’illuminazione artificiale e la moderna organizzazione del lavoro, nel corso dei secoli quest’orario si è spostato progressivamente in avanti fino a fondere addirittura il dinner con il pasto serale (“supper”) e a rendere indispensabile l’introduzione di un altro pasto al mattino presto.
Dunque, il breakfast di oggi è quello che era il dinner di un tempo, termine derivante dal tardo latino disjejunere, cioè interruzione del digiuno.
Anche la religione ha influenzato in qualche modo l’atteggiamento nei confronti della prima colazione, relegata da Tommaso D’Aquino tra i peccati di gola (Summa Theologica,1265-1274).
Di fatto, probabilmente fino al XV secolo, l’abitudine prevalente era il consumo di soli due pasti al giorno.
I moralisti non vedevano di buon occhio l’interruzione del digiuno notturno ad un’ora troppo mattutina, quindi i membri della chiesa e le classi medio-alte evitavano di farlo.
Per ragioni pratiche, la colazione del mattino veniva comunque consumata dalle classi lavoratrici ed era tollerata per i bambini, per le donne, per gli anziani e gli ammalati.
A partire dal XVI secolo però si riafferma l’idea che la prima colazione sia un pasto importante. In quel periodo i più poveri consumavano per colazione farinate a base di avena, riso e altri cereali, mentre i nobili e i più ricchi aggiungevano uova e carne.
L’abitudine al consumo di una colazione abbondante, ulteriormente arricchita dall’arrivo in Europa del tè, del caffè e del cacao, prese piede anche negli Stati Uniti.
Al risveglio è necessaria una buona carica di nutrienti per affrontare l’intera giornata.
Per questo motivo deve rappresentare circa il 20% dell’apporto calorico giornaliero.
Fare colazione aiuta a bilanciare la fame che si ha durante il giorno, regola la produzione della massa muscolare e aiuta a perdere peso più facilmente.
Inoltre la colazione è un bellissimo momento da passare in famiglia.
Svegliarsi tutti insieme e mangiare qualcosa prima di dividersi per le proprie faccende è un momento davvero magico della giornata, per alcuni il più bello.
Purtroppo, in Italia, la prima colazione è spesso screditata o saltata e un ridotto o assente consumo di latte o yogurt, costituisce il primo e più diffuso errore alimentare.
Con il miracolo economico dei primi anni Sessanta, le abitudini alimentari degli italiani tendono a omologarsi ai Paesi più ricchi.
Fino agli anni Cinquanta il caffè era considerato un alimento prezioso perché costoso, un bene di lusso da offrire agli ospiti.
L’orzo era il solo “compagno” del latte nella colazione del mattino.
Con il boom economico il caffè diventa la bevanda più frequente nella giornata degli italiani, “sociale” per eccellenza.
Anche oggi nella prima colazione italiana il caffè resta l’elemento principe, in molte preparazioni diverse.
Il cappuccino ne è la variante “friendly”. Quindi, convincere gli italiani a non bere il solito caffè può essere una impresa complessa ma non impossibile.
Latte, caffè, fette biscottate, muesli, merendine, marmellata e crema spalmabile.
E poi torte, cereali, biscotti. La colazione italiana ha una tradizione antichissima che ci riporta molto indietro nel tempo e spesso fuori dai nostri confini.
Le fette biscottate ad esempio, sono nate nella Prussia dell’Ottocento per evitare sprechi, mentre il latte è figlio della civiltà di Mesopotamia.
Il caffè si narra sia nato in Etiopia mentre il celebre croissant ha avuto i suoi natali nella Vienna del Seicento.
La storia del latte è legata a quella dell’uomo da tempi remotissimi, fin da quando ha iniziato ad addomesticare gli animali e in seguito ad allevarli.
Già 8000 anni fa in Mesopotamia si tentava di addomesticare animali da latte e da allora è utilizzato nella nostra alimentazione.
Innumerevoli i benefici tanto che era largamente usato nella medicina antica e medievale per lenire i bruciori di stomaco.
E oggi? Se nell’antichità era disponibile solo appena munto, oggi lo troviamo un latte per ogni esigenza: non solo fresco o a lunga conservazione, ma anche micro-filtrato, e poi intero, scremato o parzialmente scremato.
Esistono versioni senza lattosio e latti speciali, con aggiunta di calcio e vitamina d, di fibre o omega 3.
Le grandi scoperte sono spesso frutto di errori o di eventi fortuiti, proprio come quella del caffè.
Secondo la leggenda, tutto ebbe inizio nel IX secolo, in Abissinia, l’odierna Etiopia. Un pastore che viveva nella provincia di Kaffa si stupiva del fatto che le sue capre non riuscissero a dormire la notte.
Non sapendo cosa fare, si rivolse ai religiosi di un vicino monastero, che svelarono l’arcano: alle capre piaceva mangiare i frutti simili a ciliegie di una strana pianta: l’arbusto di caffè.
Spinti dalla curiosità scientifica, i monaci prepararono un infuso con queste bacche e dopo aver bevuto la bevanda si sentirono pervasi di energia.
Da allora la “bevanda nera” conquistò dapprima i Paesi islamici e poi il resto del mondo, fino a diventare la bevanda più popolare del pianeta dopo l’acqua.
Il termine biscotto deriva dal latino “panis biscoctus”, letteralmente pane cotto due volte.
La tradizione racconta che Giasone, uno dei mitici argonauti, stava preparando la spedizione per andare a cercare il vello d’oro.
Incaricò il suo cuoco di preparare i pani da imbarcare, che sarebbero serviti come scorte durante il lungo viaggio. Il cuoco, dopo aver infornato i pani, si addormentò.
Rimasti troppo a lungo nel forno, i pani si ridussero in volume, diventando sottili e friabili. Nonostante l’infornata sbagliata, Giasone decise di portarli comunque con sé.
Quello che era stato un errore si era rivelata invece una scelta vincente: era nato il biscotto!
Leggere e fragranti le fette biscottate sono tra gli alimenti sulle tavole degli italiani a colazione ma quando e da chi furono inventate?
Dobbiamo risalire nella Prussia dell’Ottocento ed in particolare in un momento in cui la comunità mennonita aveva necessità di risparmiare e di evitare sprechi, oltre che avere un prodotto che si potesse conservare a lungo nel tempo.
Nacquero così le fette biscottate: proprio come i biscotti, si tratta di fette di pane cotto due volte che dura nel tempo che i mennoniti, una comunità religiosa, dalla Prussia portarono in varie parti del mondo, in particolar modo in USA, Canada, Sud America.
Agli Stati Uniti spetta il merito di aver reso le fette biscottate un prodotto di largo consumo e realizzato su scala industriale.
Amata da grandi e piccini, la crema spalmabile alla nocciola nasce dopo la seconda Guerra Mondiale ad opera di un pasticciere piemontese.
La sua primissima versione è diversa da come la conosciamo oggi: si trattava infatti di una pasta dolce con nocciole, zucchero e il poco cacao disponibile a quel tempo, con la forma di un panetto, in modo da poterla tagliare e gustare su una fetta di pane.
Da allora la crema spalmabile alla nocciola ne ha fatta di strada e oggi ha un successo globale, tanto che se si mettessero in fila tutti i vasetti prodotti in un anno si arriverebbe ad una lunghezza pari ad 1,8 volte la circonferenza terrestre.
Dal latino “merere”, che vuol dire “meritare”, la merenda era considerata come una sorta di premio. Complici i cambiamenti dello stile di vita hanno portato, col tempo, a considerare un modello più salutare e a suddividere l’alimentazione giornaliera in 5 pasti nell’arco della giornata, compresa la merenda.
La merendina è un prodotto dalla storia tutta italiana, in nessun altro Paese esistono prodotti definiti con questo nome.
Ma quando sono nate le merendine come le conosciamo oggi?
Le prime risalgono agli anni ’50: si tratta di rivisitazioni, in piccolo formato, dei grandi classici della pasticceria italiana, come la colomba e il panettone.
Negli anni ’60, sempre in versione mignon, iniziarono a spopolare i dolci casalinghi a base di pan di spagna e pasta frolla e negli anni ’90 nascono le merendine refrigerate: una vera rivoluzione per il settore.
Oggi le merendine piacciono non solo ai bambini ma anche agli adulti che le consumano in media 2 volte a settimana.
Fragola, ciliegia, frutti di bosco. La marmellata, spalmata su pane o fette biscottate, è tra i protagonisti della colazione all’italiana.
Tanti i gusti in cui possiamo gustarla, altrettante le storie che raccontano della sua nascita, come quella che risale a Caterina d’Aragona.
Secondo la leggenda, dopo il matrimonio con Enrico VIII e il suo trasferimento in Inghilterra, la regina spagnola ordinò la preparazione della marmellata di arance per avere la possibilità di mangiare i frutti della sua terra, che tanto le mancavano nel nuovo Paese.
In realtà, stando al ricettario romano attribuito ad Apicio e risalente al IV-V secolo dopo Cristo, già i Greci usavano bollire le mele cotogne insieme al miele, per addensare gli zuccheri e ricavarne una conserva.
Il profumo di una torta di mele appena sfornata, il gusto intenso di un ciambellone al cacao, la torta della nonna preparata per le colazioni speciali.
Quanti piacevoli ricordi ci rievocano i dolci della tradizione italiana ma quali storie si nascondono dietro la loro nascita?
Non pensate, ad esempio, che la torta della nonna sia un dolce preparato da una nonna per i suoi nipoti: sembra infatti che tutto nacque in un ristorante toscano, che portava il nome del luogo, il San Lorenzo.
La cucina offriva poca varietà di dolci e su richiesta degli stessi clienti, il cuoco Guido Samorini, propose questo dolce, preparato con due strati di pasta frolla ripieni con crema pasticcera e ricoperta di pinoli, che riscosse ampio successo.
Il dolce divenne parte integrante della tradizione fiorentina e successivamente spopolò in tutta Italia.
La famosissima torta di mele nasce invece in Francia, intorno al 1300. In quel periodo, a dettare le regole della cucina e a diffondere le ricette erano soprattutto i monaci che erano soliti preparare la “tarte aux pommes”, una versione della torta di mele diversa da come la conosciamo oggi.
Sembra che la versione della torta di mele più vicina a quella odierna sia di origine anglosassone: la famosa apple pie si diffuse in maniera capillare durante il periodo della colonizzazione americana diventandone il simbolo gastronomico.
Dall’Austria, passando per la Francia, il cornetto è arrivato in Italia, affermandosi fra gli alimenti preferiti a colazione.
Croissant, cornetto…comunque la si chiami, la morbida brioche accontenta davvero tutti, grandi e piccini, ma a cosa si deve la caratteristica forma a mezzaluna?
Secondo la tradizione il cornetto sarebbe nato nel 1638 a Vienna, durante il secondo assedio alla città da parte degli Ottomani.
Sembrerebbe che i viennesi, presi alla sprovvista, reagirono sbeffeggiando i turchi sulle mura della città, mangiando un tipo di pane al burro, il kipferl.
Un’altra versione vuole che siano stati i fornai viennesi, lavoratori notturni, i primi a dare l’allarme e abbiano festeggiato il mancato assedio con il dolce lievitato a forma di mezzaluna, simbolo degli ottomani.
Se agli inizi degli anni ’60 era considerato come un cibo adatto soprattutto a chi è a dieta, oggi il muesli è diventato uno dei protagonisti indiscussi della colazione e sinonimo di colazione sana e nutriente.
La sua ricetta originale, creata dal medico svizzero Maximilian Bircher-Benner con lo scopo di preparare un alimento sano e completo da utilizzare nell’alimentazione ospedaliera, era composta da fiocchi d’avena, mandorle, noci, semi di girasole e lino, latte di mandorle.
Il composto veniva immerso per tutta la notte in acqua e succo di limone, e poi mangiato con lo yogurt.
Oggi la tendenza è quella di scegliere il mix di frutta secca e cereali secondo i propri gusti e le proprie necessità alimentari e di unirli con yogurt, latte o da usare come base per il porridge e ce n’è per tutti i gusti.
La storia dei cereali da prima colazione ha origine invece nel tardo XIX secolo ed è legata a quella degli “Avventisti del Settimo Giorno”, gruppo cristiano che seguiva una severa dieta vegetariana.
I membri di questo gruppo sperimentarono molti cereali diversi, tra cui grano, riso, avena e, ovviamente, mais.
Il legame con diete privative è venuto meno con il tempo e oggi si ritrovano sul mercato moltissime diverse tipologie di cereali.
Dalla zuppa di latte al caffè al volo, fino alla colazione seduti con yogurt e spremuta, i riti della prima colazione in Italia sono molto cambiati.
Ogni decennio è segnato anche in campo alimentare da ‘piccole rivoluzioni’, che in alcuni casi hanno cambiato le abitudini in meglio.
Una svolta storica è stata la prima guerra mondiale durante la quale la vita militare ha omologato le abitudini.
Ai soldati venivano distribuiti latte, caffè e gallette e cioccolato, ingredienti che sopravviveranno al conflitto, prima che la colazione viri decisamente verso il dolce.
In generale nell’Italia contadina degli anni ’50 si parlava semplicemente di latte o zuppa di latte, ben lontani quindi dall’immaginario odierno della prima colazione.
Oltretutto si faceva colazione a metà mattina, dopo ore di lavoro e poi nulla fino a sera.
E mentre nei cinema di tutta Italia trionfava ‘Poveri ma belli’, il menu della colazione di allora era composto da: pane raffermo, un residuo di polenta, un tocchetto di aringa, una fettina di salame, un pezzetto di formaggio, quel che restava della zuppa o della pastasciutta.
Solo i più fortunati mangiavano biscotti.
“Nella pseudo colazione degli anni ’50 l’apporto di nutrienti era in genere piuttosto sbilanciato verso un eccesso di grassi oltre che di carboidrati, ma l’elevato dispendio energetico dell’epoca non dava ricadute sulla salute”, afferma la biologa nutrizionista Valeria del Balzo dell’Università La Sapienza di Roma.
Gli anni della ‘dolce vita’ coincidono con la nascita della colazione mediterranea cosi come la intendiamo oggi, che inizia a prendere forma abbattendo le differenze locali che nell’Italia contadina facevano del primo pasto della giornata una sagra degli avanzi.
Col miracolo economico arrivano croissant, biscotti, burro, fette biscottate, cereali, creme spalmabili, marmellata, miele, frutta, yogurt, fiocchi, merendine. Di questa mutazione diventa simbolo il caffè: se fino agli anni ’50 era considerato un bene di lusso da offrire agli ospiti, 10 anni dopo diventa la bevanda più presente nella tavola degli italiani a colazione. Un po’ come accade con i biscotti. Negli anni ’60 arrivano sulle tavole della prima colazione anche i primi prodotti da forno confezionati. E nel 1964 viene inventata la più celebre crema spalmabile alla nocciola.
Anche la marmellata, prima prodotta solamente in casa, comincia a diffondersi come prodotto confezionato legato alla prima colazione, insieme a vari prodotti solubili da mettere nel latte, come l’orzo, il caffè e, soprattutto per i per i bambini, il cacao. In questo decennio la colazione si fa dolce.
NEGLI ANNI ’70 SI AFFERMANO LE FETTE BISCOTTATE E FA LA SUA COMPARSA LO YOGURT – Sono i primi albori di onda salutista. In generale comincia ad affacciarsi il concetto del ‘light’. Nella colazione degli italiani fanno la loro comparsa, non a caso, le fette biscottate che prima avevano una diffusione assai limitata – si chiamavano biscotti della salute – e diventano di uso sempre più comune in affiancamento al pane. Inoltre in questo decennio i biscotti si affermano sempre più come protagonisti della prima colazione, accanto alle merendine e ai croissant confezionati. Anche lo yogurt compare negli anni ’70, all’inizio come prodotto di nicchia.
ANNI ’80, BOOM DEI CEREALI – A partire da questi anni nelle nuove generazioni è sempre più presente il desiderio di esplorare nuove frontiere del gusto. Un esempio è la diffusione dei fiocchi di cereali. All’inizio furono i cornflakes, poi arrivano prodotti salutistici realizzati con fibre, crusca, avena, e muesli. In questi anni i consumi di prodotti dolci aumentano del 36% e la pubblicità comincia a svolgere un ruolo chiave. I prodotti da colazione della nostra industria alimentare cominciano a essere esportati con successo, insieme al modello di colazione all’italiana.
ANNI ’90, CRESCE L’ONDA SALUTISTA – Soprattutto nella seconda metà comincia ad affiorare una domanda di salute (si conia il termine wellness ed esplode la moda del fitness), con conseguente diffusione di prodotti integrali, dai biscotti con basso contenuto di grasso (presenti anche prima ma molto meno diffusi) alle fette biscottate integrali, al pane nero. Alcune aziende di prodotti per la prima colazione decidono, con successo, di puntare proprio sul concetto del ‘meno’ (grassi, zuccheri) da una parte, e del ‘più’ (fibre) dall’altra. Aumenta il consumo del miele e, contestualmente, diminuisce quello del burro. Si preferisce latte scremato.
TRADIZIONE, INNOVAZIONE, SALUTE PER LA COLAZIONE DEL TERZO MILLENNIO – E oggi come mangiano gli italiani a colazione? La fretta, che caratterizza la vita contemporanea, continua a essere la vera nemica della prima colazione degli anni Duemila. Se è vero che, secondo l’indagine dell’Osservatorio Aidepi/Doxa, ancora oggi ben 7 milioni di italiani saltano il primo pasto della giornata.
Ma chi comincia bene – 35 milioni di italiani – fa invece colazione praticamente tutti i giorni, a casa propria, concedendo il giusto tempo a questo momento (più di un quarto d’ora), possibilmente in compagnia di amici o familiari, con un occhio attento ai prodotti salutistici (li consumano il 44% degli italiani), mangiando sempre qualcosa (non solo un caffè) e concedendosi il più spesso possibile anche un po’ di frutta fresca.
Insomma, oggi per molti la colazione è un vero e proprio rito che, a dispetto dei frenetici ritmi di vita a cui siamo sottoposti, riunisce ogni giorno una famiglia su 3 al completo. Inoltre, 8 volte su 10 figli e genitori mangiano gli stessi prodotti e perfino le stesse marche.
“La nostra cultura, in fatto di gastronomia, è molto sensibile ai sapori della memoria. Ancora oggi – afferma Marino Niola, dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli – ci aiuta e ci tranquillizza il fatto di ritrovare sulla tavola della prima colazione i sapori della tradizione. Una volta il pane era un elemento fondamentale della colazione, lo è stato storicamente per secoli. Oggi è affiancato da prodotti da forno – fette biscottate, biscotti, cornetti, pancarré – che, come emerge anche dagli ultimi studi sociologici fatti in materia, mantengono un’importanza decisiva nel primo pasto della giornata”.
Saldamente al primo posto troviamo i biscotti, scelti da 6 italiani su 10 (58%), seguiti da pane e/o fette biscottate, con o senza marmellata, miele e creme spalmabili alla nocciola o al cacao (19%). A seguire, più o meno a pari merito (tra il 7% e l’9% dei consensi), 3 gruppi di alimenti: cereali/muesli; merendine/brioches/ cornetti confezionati e yogurt. Tra le bevande cresce il peso del tè (14%), accanto ai più tradizionali latte (35%), caffè (33%) e caffe-latte/cappuccino (28%).
BIBLIOGRAFIA
Società Italiana di Nutrizione Umana e Società Italiana di Scienze dell’alimentazione. Documento SINU – SISA per la Prima Colazione. Roma: SINU, SISA 2018.
https://www.focus.it/scienza/salute/salute-dagli-anni-50-a-oggi-la-rivoluzione-della-prima-colazione
https://www.theatlantic.com/entertainment/archive/2016/06/breakfast-the-most-contentious-meal-of-the-day/487220/